1 – I dipendenti pubblici sono troppi e costano troppo alle casse dello Stato
Non è vero. Signora mia, in Inghilterra quasi un lavoratore su 5 è dipendente pubblico, in Francia sono quasi 11 milioni. In Italia sono meno, sia in percentuale sugli occupati, sia in numeri assoluti (*1):
Paese | % sugli occupati | % sulla popolazione | Quantità assoluta(milioni) |
Italia | 14,8 | 5,6 | 3,3 |
Regno Unito | 19,2 | 8,7 | 5,5 |
Francia | 20 | 10,9 | 5,7 |
E poi, signora mia, siamo l’unico, dico l’unico paese in Europa in cui il numero dei dipendenti pubblici sia calato dal 2001, e in modo considerevole: in Irlanda è aumentato del 36,1%, del 29,6 in Spagna, del 9,5 nel Regno Unito, del 5,1 in Francia e persino nella rigorosa Germania del 2,5, mentre in Italia è in costante diminuzione: meno 4,7%. Erano oltre tre milioni e mezzo fino al 2002, per scendere di oltre duecentomila unità dal 2010, col blocco delle assunzioni e dello spostamento in avanti dei requisiti per il pensionamento.
E guardi, signora, che non è nemmeno vero che per pagarli lo Stato debba svenarsi: l’incidenza sul Pil della spesa per gli stipendi dei dipendenti pubblici nel 2013 (10,3%) è perfettamente in linea con la media dei Paesi dell’Euro, con un valore inferiore a quello francese (13,0%) e britannico (10,6%).
E però i dipendenti pubblici hanno pagato un tributo salato all’obiettivo della stabilizzazione dei conti pubblici. Mentre le retribuzioni nel settore manifatturiero e dei servizi, nonostante la crisi, continuano a crescere, la retribuzione pro capite nel pubblico impiego è diminuita quasi dell’1,5%. (*2). Inutile dire che anche con la nuova legge di stabilità ci sarà l’ennesimo blocco del rinnovo dei contratti.
2 – I dipendenti pubblici sono tutti imboscati nei Ministeri, a Roma e nel Meridione
Non è vero. Un dipendente pubblico su tre (33%) lavora nella Scuola, uno su cinque (20%) nelle Regioni e negli Enti locali, il 17% nella Polizia e nelle Forze Armate. Solo un dipendente su 20 (5%) appartiene al comparto Ministeri: uffici centrali, certo, ma anche e soprattutto uffici sul territorio, come le centinaia fra corti, tribunali, procure e strutture penitenziarie del ministero della Giustizia disseminate lungo lo Stivale.
Lo sa, signora, quali sono le regioni dove ci sono più dipendenti pubblici rispetto ai residenti? La Valle d’Aosta, con 9,1 dipendenti pubblici ogni cento abitanti e il Trentino Alto Adige (7,2 %). E si tenga forte: il dato del Friuli Venezia Giulia (6,75%) è sorprendentemente inferiore di un solo punto a quello del Lazio (6,85%), dove si trovano le sedi di Ministeri ed Enti nazionali. Per capirci, la media per regione è del 5,35%, e quelle sotto media non sono solo le regioni del Nord – Piemonte (5), Lombardia (4,1), Veneto (4,6) ed Emilia Romagna (5,1) -, ma anche, al Sud, Campania (5,2) e Puglia (5,2). La situazione è insomma comune alla gran parte delle grandi regioni, quelle più popolose ed economicamente trainanti. La Lombardia, con 409mila addetti, ha più dipendenti pubblici anche del Lazio (392mila) e dalla Campania (303mila). (*1)
Insomma, ci sono più dipendenti pubblici al Nord (34,8%) che al Centro (31,9%) e nel Sud e Isole (33%). (*3)
3 – I dipendenti pubblici si danno sempre malati per non andare in ufficio
Sarà come dice lei, signora mia, ma sta di fatto che in media i giorni di malattia nel privato, nel 2011, sono stati 18,2, nel pubblico 16,1 (*4). Secondo altre fonti (*5), dal 2011 al 2012 le assenze per malattia sono diminuite del 2,3%, quelle per altre cause del 6%, per un totale di 11 giorni l’anno di assenza. Un paio di influenze, insomma. Più che sui giorni di assenza, il brunettismo si è accanito sullo stipendio, decurtandolo per i primi dieci giorni di ogni periodo di assenza: se fai malattie di un paio di giorni, alla fine guadagni meno che a stare a casa un mese.
4 – Per eliminare la burocrazia basta licenziare la metà dei dipendenti pubblici, che fanno di tutto per complicare le cose ai cittadini
Guardi signora, non confondiamo le cose: le leggi sono fatte da Parlamento e Governo, eletti dal popolo, e non dai funzionari pubblici che devono applicarle. Le norme poco chiare sono un problema sia per i cittadini che per chi lavora nell’amministrazione. Per ridurre la burocrazia, allora, serve una forte volontà politica nella direzione della semplificazione: meno pratiche e più facili da fare. Però è più facile spostare il dibattito sulla riforma della pubblica amministrazione su argomenti di minore rilievo e maggiore presa sulla gente, dal fannullonismo alla trasparenza come valore in sé, e non come premessa di servizi più efficienti.
Meno dipendenti pubblici vuol dire meno servizi per il cittadino: code al pronto soccorso, meno volanti per la strada, classi scolastiche come pollai, anni per un processo.
5 – Quando vai in un ufficio pubblico non sai mai a chi rivolgerti e con chi stai parlando
Ci faccia caso, signora, ogni dipendente a contatto con il pubblico è tenuto ad avere un cartellino identificativo o una targa col nome nella postazione di lavoro. Se poi vuole sapere come è strutturato un ufficio, chi ci lavora, chi lo dirige, sappia che sul sito Internet di ogni ente, per legge, ci sono l’organigramma, le competenze degli uffici, l’elenco dei numeri di telefono e delle caselle di posta elettronica ordinaria e certificata. Li trova sotto la sezione “Amministrazione trasparente“.
C’è un ufficio apposta, in ogni amministrazione, che spiega ai cittadini come fruire dei servizi, dà le informazioni sulle norme, permette di accedere ad atti e partecipare ai procedimenti, e se qualcuno si arrabbia e vuole reclamare raccoglie il suo sfogo e gli risponde in tempi prestabiliti. È l’ufficio relazioni con il pubblico (Urp).
Ogni provvedimento di ogni amministrazione ha un responsabile dell’istruttoria e dell’adozione del provvedimento finale.
Insomma, la ‘casa di vetro’ non è solo una modo di dire, ma una realtà.
6 – I dirigenti pubblici sono anziani funzionari a fine carriera
Facciamo un passo indietro, così ci capiamo: non bisogna confondere i dirigenti con i funzionari. Fino agli anni settanta c’erano solo dei funzionari che organizzavano il lavoro negli uffici, ma non c’erano i dirigenti.
Per molto tempo i meccanismi di selezione hanno favorito nell’accesso alla dirigenza i funzionari di grado più elevato, a discapito dei funzionari più giovani e dei concorrenti provenienti dall’esterno dell’amministrazione.
Dalle riforme degli anni Novanta, però, le competenze dei dirigenti sono aumentate ed è nato il meccanismo del corso-concorso, gestito dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, quale canale di accesso alla dirigenza, in alternativa ai concorsi indetti dalle singole Amministrazioni e all’assunzione di una quota di dirigenti provenienti dall’esterno.
Mediamente più giovani degli altri dirigenti, con un titolo di studio più elevato, una migliore conoscenza delle lingue straniere, più esperienze internazionali alle spalle e una maggiore disponibilità alla mobilità geografica e tra amministrazioni: così sono i nuovi dirigenti, secondo uno studio sui vincitori delle prime tre edizioni dei corsi-concorsi (la quinta edizione si è appena conclusa). Ben diversi dallo stereotipo dell’anziano impiegato statale a fine carriera. (*6)
7 – L’unico modo per diventare dirigenti pubblici è conoscere il politico o il sindacalista di turno
No, signora mia. Come sancisce la nostra Costituzione (articolo 97), la strada maestra è il concorso pubblico, che garantisce un’effettiva imparzialità nelle modalità di selezione al riparo dalle ingerenze del politico di turno, “salvo i casi stabiliti dalla legge”.
Quella che regola l’accesso alla dirigenza è il Decreto Legislativo 165 del 2001: si diventa dirigenti per concorso indetto dalle singole amministrazioni, oppure per corso-concorso selettivo di formazione, bandito dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (ora Scuola Nazionale dell’Amministrazione): dal corso-concorso provengono i componenti della nostra Associazione.
Ma… c’è un “ma,” come si dice, “fatta la legge scoperto l’inganno”: l’eccezione al concorso è contenuta nell’articolo 19 comma 6: gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti a tempo determinato, entro il limite del 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e dell’8% della dotazione organica di quelli di seconda fascia, “a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione”. Inutile dire che l’obbligo di motivare il conferimento di questi incarichi “esterni” è stato spesso assolto senza una verifica puntuale dell’esistenza o meno di analoghe professionalità interne. Le assunzioni dall’esterno a tempo determinato sono divenute assunzioni vitalizie. Per di più, il trattamento economico di questi dirigenti esterni “può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali”.
In concreto, questa norma ha permesso alla politica di bypassare la regola del concorso in favore di logiche non sempre trasparenti che hanno consentito l’immissione nell’amministrazione, in posizioni di elevata responsabilità (ed elevato stipendio), non solo di valenti manager provenienti dal privato, ma anche di “uomini di fiducia” di questo o quel ministro, dal curriculum non proprio eccelso.
Inoltre, le percentuali stabilite per legge non sono sempre rispettate: nelle Regioni e negli Enti locali, ad esempio, nel 2010, a fronte di 6.884 dirigenti di ruolo, ce n’erano 2.199 a tempo determinato: un rapporto di tre a uno. Nei Ministeri, mentre i primi diminuivano, i secondi aumentavano, arrivando a oltre un quinto del totale. (*7)
8 – I dirigenti pubblici guadagnano un sacco di soldi
Aspetti, signora, forse lei sta parlando dei “manager pubblici” strapagati, che in realtà sono gli amministratori delegati di aziende partecipate, come Poste o Ferrovie. Il loro stipendio è deciso dal consiglio di amministrazione della società.
Un’altra cosa sono i dirigenti pubblici, che lavorano nei Ministeri, negli Enti di previdenza, nelle Agenzie fiscali, nelle Regioni o nei Comuni. E anche tra questi occorre distinguere: una cosa sono gli stipendi dei dirigenti di prima fascia e un’altra quelli dei dirigenti di seconda fascia, che sono la maggior parte. Il loro stipendio è stabilito dalla contrattazione collettiva a livello di comparto e di singolo ente. Tradotto: nulla di discrezionale.
Gli stipendi di ciascun dirigente sono da qualche anno, per espressa disposizione di legge, pubblicati sui siti Internet di ciascuna Amministrazione. Non ci crede? Provi a dare un’occhiata:
- Alfredo Ferrante, Presidente dell’Associazione
- Dario Quintavalle, Vicepresidente
- Laura Palladino, Consigliere
- Augusto Zucaro, Consigliere
- Giuseppe Cantisano, Consigliere
- Danilo Giovanni Festa, Consigliere
Concorderà con me, signora, che si tratti di stipendi buoni, ma non favolosi, ottenuti a fronte del superamento di un concorso pubblico altamente selettivo, di un curriculum di studi e professionale notevole (anch’esso disponibile in Internet), della responsabilità di uffici con molto personale e molte risorse da gestire, di una responsabilità per i risultati e gli atti amministrativi sottoscritti.
Si parla tanto di un Paese nel quale il merito non viene premiato: noi crediamo che il nostro stipendio sia meritato.
9 – I dirigenti pubblici guadagnano lo stipendio indipendentemente da quello che fanno; nessuno risponde dei propri comportamenti
Al contrario, signora mia. Cominciamo col dire che i funzionari pubblici hanno qualche dovere in più e qualche forma di responsabilità in più rispetto ai lavoratori privati: lo stabilisce la nostra Costituzione (art. 28).
Come è giusto che sia per chi è pagato per curare l’interesse pubblico, i reati dei dipendenti pubblici sono puniti più gravemente rispetto ai comportamenti illeciti equivalenti dei privati. Vi è poi una responsabilità civile: il funzionario pubblico che causi ad un terzo un danno ingiusto, può essere chiamato a rispondere per danni. Vi è, ancora, solo per i funzionari pubblici, quella per i danni all’Erario, sanzionata dalla Corte dei conti: tra il 2008 e il 2012 la Corte ha inflitto condanne per complessivi 3 miliardi e mezzo di euro. (*8)
Nel privato la scelta del datore di lavoro di infliggere al lavoratore inadempiente una sanzione disciplinare è discrezionale; nel pubblico, invece, e ancor di più dopo la Legge Brunetta, il dirigente che non sanziona un illecito disciplinare può incorrere a sua volta in responsabilità disciplinare.
Per il mancato raggiungimento dei risultati e per l’inosservanza delle direttive ricevute, il dirigente rischia il mancato rinnovo dell’incarico o la revoca anticipata dello stesso, fino al licenziamento; se non vigilanza sull’osservanza da parte dei propri collaboratori degli standard di quantità e qualità fissati dall’Amministrazione, rischia una decurtazione fino all’80% della retribuzione di risultato; se non vigila sulle assenze del personale la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione o la revoca dell’incarico, anche qui fino al licenziamento.
10 – I dirigenti pubblici sono troppi
Le statistiche, signora, vanno lette con cura: quando si dice che un dirigente “dirige” in media 11,5 collaboratori, si includono nel calcolo anche i dirigenti della sanità, uno ogni 4,1 addetti, e poiché i dipendenti della sanità sono oltre un quarto del totale, la media si abbassa. Primari e medici internisti ospedalieri sono però dirigenti sui generis: se le chiedessero di descrivere un dirigente pubblico, certamente non le verrebbe in mente un signore col camice e lo stetoscopio.
La verità è che nelle famigerate Regioni il rapporto è di un dirigente ogni 58 addetti, nei Ministeri di uno ogni 50,9, negli Enti pubblici di uno ogni 49,4. (*1) Chiunque abbia avuto qualche esperienza nel coordinamento delle persone, dalla comitiva di amici ad una squadra sportiva, sa che si tratta di un numero consistente.
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(*1)http://profilo.forumpa.it/doc/?file=2013/idipendenti_sonotroppi.pdf(per utenti registrati)
(*2)http://www.aranagenzia.it/attachments/article/5189/Rapporto%20Semestrale%201-2013.pdf
(*4)http://www.inps.it/banchedatistatistiche/menu/malattia/rapporto.pdf
(*5)http://www.funzionepubblica.gov.it/media/1044135/dati%20mensili%20ottobre_f_1.1.pdf
(*6)http://www.masterdasa.it/sites/default/files/materiale/sspa–ricerca.dirigenza_2009.pdf
(*7)http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sezioni_riunite/sezioni_riunite_in_sede_di_controllo/2012/delibera_13_2012_contr_cl.pdf
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